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Le mie critiche alle Copie del Design

22.2.15 Gabriele Alberto 2 Comments Category :

Il 4 agosto 2014 mentre ero sulla S-Bahn per tornare a casa dopo il lavoro, come di mia abitudine stavo consultando Twitter e, tra un tweet e l'altro, vedo questo:



Con tantissimo entusiasmo, appena ho varcato la soglia di casa ho fatto una foto col cellulare a una delle nostre Plastic Armchair degli Eames. Era la mia occasione per interagire con Vitra e non me la sono mica fatta scappare! Così ho caricato la foto su un mio tweet e ho dato la mia risposta:



Questo mio tweet viene poi rintracciato da Eames Office che poi mi risponde rendendo così più visibile quel mio tweet. Questo giro di tweet poi ha fatto sì che un'azienda venisse a conoscenza del mio coinvolgimento per il design, anche se io credo che ciò che li ha interessati di più fosse il fatto che io avessi acquistato un articolo di Vitra. Infatti questa azienda diventa mia follower su Twitter e così io inevitabilmente la noto.
Operazione di marketing pensata, eseguita e assolutamente efficace.
Io clicco sul loro profilo e leggo le poche righe con cui si presentano: "Siamo un'azienda a conduzione familiare appassionata di mobili. Offriamo ai nostri clienti la migliore qualità". Velocemente guardo i loro tweet e pensando "Ah, che bello questo Vertigo Interiors: un online shop inglese che vende design e che fa dei tweet veramente carini" decido di seguirli a mia volta.
Col tempo vedo la loro attività su Twitter e ne apprezzo le belle foto e tutta la passione per il design che effettivamente dichiarano nel loro "About".
Passano le settimane, vado a vedere il loro online shop e lì mi prende un mezzo infarto: nella home page parte una sfilata di sedie di design a prezzi incredibilmente bassi. Ma molto bassi. Forse troppo bassi. Mi addentro nel sito per andare a cercare proprio la sedia che avevo fotografato e pubblicato col mio tweet e noto che questo negozio la vende a 67,99 euro. Insomma, chiunque abbia un minimo interesse verso il design sa bene che tale sedia non ha un prezzo così basso. Al che io continuo la mia navigazione e m'imbatto in prezzacci mai visti che mi fanno venire qualche dubbio. Dubbi svelati quando davanti ai miei occhi si palesa questo:


(immagine via Vertigo Interiors)

Questo prodotto viene presentato come "Eames Style DSX Chair Blue" (cliccate qui per vedere la pagina del sito). Nella descrizione a lato compaiono frasi, sicuramente frutto della grande passione per il design che nutrono i fondatori di Vertigo Interiors, che spiegano quanto questa sedia sia perfetta, quanto sia stata progettata bene, ecc... Ma la frase che m'ha lasciato più di stucco, che mi ha parecchio irritato è l'ultima, quella che descrive chi è il designer (che ovviamente non hanno potuto citare perché si tratta chiaramente di un gruppetto di designer che, per la loro vocazione alla contraffazione, non dovrebbero nemmeno essere definiti tali): "Le nostre fedeli riproduzioni della gamma Eames danno piena giustizia al genio di Charles e Ray e il loro design originale degli anni '50".
Che mi prendesse un colpo! "Fedeli riproduzioni"? "Giustizia al genio di Charles e Ray"?
Eh no, qui non ci siamo proprio: la "fedele" riproduzione contiene una variazione - tra l'altro, secondo il mio gusto, pure parecchio brutta - così radicale che poi sostenere che renda "piena giustizia al genio di Charles e Ray" è blasfemia pura.
Chiarisco immediatamente il punto: chi conosce il design degli Eames sa che le barre che collegano le gambe anteriori con quelle posteriori della sedia DSX non sono oblique, bensì parallele al pavimento. Esattamente come si vede qui sotto:


(immagine via Minimum)

Dopo la visione di questa brutta imitazione vado a vedere l'"About Us" dello shop, giusto per farmi ribollire ulteriormente il sangue. Il lungo testo che sta a cantare le lodi dell'azienda e del suo team, che sfoggia il loro orgoglio di essere un'impresa a conduzione familiare e che elenca i loro innumerevoli pregi, inizia dicendo che "i suoi Direttori hanno setacciato il continente per scoprire, risorgere e far rivivere i vecchi modelli classici di mobili del calibro di Charles e Ray Eames, Eero Aarnio, Arne Jacobsen e Eero Saarinen". Peccato che al mondo ci siano già delle aziende che si occupano di adempiere a questo alto compito. E lo fanno perché ne posseggono la licenza.

Una di queste è ovviamente Vitra, il cui Direttore Generale Tony Ash ha recentemente rilasciato delle dichiarazioni al magazine Dezeen per esprimere il suo punto di vista sul sistema di aziende produttrici di repliche del design.
Tony Ash inizia dicendo che il suo obiettivo di combattere contro i falsi si sta facendo sempre più arduo: se tempo fa Vitra era riuscita a vincere delle cause legali che aveva mosso verso alcune aziende italiane, le prime a iniziare una produzione di falsi, ora il problema si fa più grande perché gli antagonisti sono cinesi. Infatti, dice il Direttore Generale, negli ultimi 5-8 anni i produttori cinesi sono riusciti a diffondere a macchia d'olio i loro falsi del design, distribuendoli a una miriade di siti web, a rivenditori di fascia più bassa e anche a supermercati famosi: tutti quanti attirati dall'idea che i margini di guadagno si fanno più alti sui falsi, rispetto agli originali autorizzati. Egli vede una grande responsabilità nel fatto che ci sono tre Paesi dell'UE (Romania, Estonia e Regno Unito) che non aderiscono alla Legge sulla Proprietà Intellettuale: in tutti gli altri Paesi dell'Unione Europea i progetti dei mobili sono protetti per settant'anni più la vita dell'autore.
Ash prosegue spiegando che per un certo periodo Vitra è riuscita a limitare i danni incaricando i propri legali di contattare le aziende contraffattrici per chiedere loro di non usare i marchi registrati da Vitra, così come le fotografie dei loro articoli, per la promozione delle loro copie cinesi. È per questo motivo che successivamente i produttori di falsi si sono dovuti piegare a usare frasi come "ispirato da", "riproduzione" o "nello stile di" nelle descrizioni dei loro prodotti.
Questo comunque non è stato sufficiente: infatti si creano tuttora situazioni piuttosto imbarazzanti come Dwell che propone copie cinesi identiche di sedie Vitra Eames proprio di fronte al punto vendita del rivenditore Vitra Heal's di Londra in Tottenham Court Road, a un quarto del prezzo.
Giustamente di fronte a un caso del genere il consumatore si può domandare se Vitra in un qualche modo gonfi i prezzi dei suoi articoli.
Tony Ash spiega che Vitra, come tutte le aziende al mondo, ha l'obiettivo di realizzare profitto e che questo in Vitra non raggiunge mai un livello scandaloso, soprattutto se si considera che l'azienda deve pagare le royalties ai designer, se in vita, oppure ai loro eredi. Inoltre Vitra lavora a strettissimo contatto coi designer, o i loro rappresentanti, per procedere al più alto livello di qualità (alcuni prodotti Vitra hanno una garanzia di trent'anni) e rispetto delle loro volontà nella produzione dei loro progetti. 
Ash continua poi con delle sue considerazioni. 
Dice che Vitra fortunatamente ha delle dimensioni per cui si può permettere di combattere le aziende di copie - che hanno grandi capitali alle spalle - ma che questo in realtà lo si dovrebbe considerare più come un problema di settore. Se un'azienda è una realtà più piccola, fa fatica a muovere azioni legali contro chi le crea questo tipo di danno; e questo si riflette di sicuro sui designer, i quali si trovano in un sistema che fa fatica a proteggerli. Si può capire facilmente che se i designer perdono la sicurezza del loro lavoro e le tutele delle loro idee allora viene loro mancare la motivazione nell'evolvere come progettisti con drammatiche conseguenze sulla globale evoluzione del design.
Il Direttore Generale di Vitra conclude dicendo che sì, nel 2003 il Governo Britannico ha approvato una legge che tenta di affrontare questo problema (qui un approfondimento), ma che sarà efficace solo dopo cinque anni, dando così un margine di tempo molto ampio ai produttori di copie.

Le dichiarazioni di Tony Ash ovviamente sono state lette dai diretti interessati, tant'è che poco tempo dopo Dezeen pubblica la risposta di Chris Diemer, Direttore di Voga, nota azienda di produzione di copie con sede a Londra.
Diemer ribatte dicendo che, partendo dal fatto che è scorretto mettere tutte le produzioni di repliche nello stesso calderone, ad esempio la sua azienda non lesina sulla qualità, non cerca il soldo facile, ama il design e per questo motivo lo vuole rendere accessibile a tutti. L'accuratezza nella produzione di qualità viene sostenuta da Diemer parlando dei tanti controlli che vengono fatti su ogni singolo pezzo e citando di nuovo l'accesa passione che Voga nutre per il design.
Successivamente il Direttore di Voga passa a difendere la posizione dell'azienda circa il danno che provocherebbe ai designer e quindi all'intero sistema: egli argomenta ricordando che Voga si occupa di riprodurre i classici vintage del design che sono stati progettati più di 25 anni fa e che pertanto la loro attività rispetta appieno le leggi britanniche attualmente in vigore (almeno fino al 6 Aprile 2020, quando la legge inglese si adeguerà alla Legge sulla Proprietà Intellettuale). Leggi che appunto pongono come limite di tempo il quarto di secolo. Diemer aggiunge che di conseguenza Voga non impedisce ad alcun designer in qualunque parte del mondo di svolgere il proprio lavoro di progettista.

Bene, io avrei un bel po' di considerazioni da fare.

Non sopporto quando i produttori di repliche sbandierano la loro fervente passione per il design.
Eh no, non sono per niente d'accordo.
Oltre alla variazione alla sedia DSX degli Eames di cui vi ho parlato prima, nei siti di queste aziende ho visto riproduzioni di altri capolavori del design con evidenti accorgimenti che presumo si rendano necessari per il contenimento del costo di produzione. Parlo di saldature fatte male e che differiscono dai princìpi estetici pensati dal designer, viti a vista in punti in cui nell'originale non ci sono e altre "reinterpretazioni" (cerco di essere delicato) che risultano molto più evidenti.
Chi ama veramente il design, lo apprezza per come è stato concepito e di conseguenza lo rispetta. Altrimenti non lo ama
Se i produttori di copie ritengono che fare saldature sbagliate, mettere viti in punti visibili, tradendo così lo sforzo progettuale del designer che le voleva nascoste, e altre variazioni al progetto siano cose di poco conto e ininfluenti nella valutazione della bellezza di un prodotto, o se ne fregano del design, oppure non hanno la sensibilità estetica necessaria per fare il loro lavoro.
A mio parere queste deturpazioni sono un autentico sfregio al design e dimostrazione del fatto che ciò che muove questi personaggi non può essere assolutamente la passione per esso; mi dispiace, possono raccontarla come vogliono, ma non riescono a togliermi dalla testa che nel design vedono unicamente una gallina dalle uova d'oro.
Un altro fattore che segnala quanto la decantata passione per il design sia una menzogna, sono i bassi standard di qualità delle repliche.
Purtroppo ho visto coi miei occhi alcune riproduzioni. Mi sono anche seduto su una copia della sedia DSW degli Eames e l'ho subito avvertita instabile, tanto che oscillava letteralmente. Ho allungato la mano sotto la seduta, dove so che ci sono gli attacchi delle gambe, e mi sono reso conto che le viti erano allentate. Può sembrare una sciocchezza, ma io vi posso assicurare che MAI mi è successa la stessa cosa su una qualsiasi Plastic Chair o Armchair degli Eames originale. Il design autentico è talmente prodotto bene che c'è un'attenzione precisa anche sulla fermezza di una vite.

A proposito di qualità nella produzione di design, in questo video si vede come viene realizzata la Serie 7 disegnata da Arne Jacobsen per Fritz Hansen:


Sono d'accordo solo su un punto espresso da Diemer: nel momento in cui le repliche non potessero più essere commercializzate, non si registrerebbe un aumento di vendite degli originali.
Quasi sicuramente questo è vero. Il punto di forza delle copie consiste unicamente nel loro basso prezzo. La diversità di accessibilità che sussiste tra un originale e la sua replica è lo spartiacque tra chi ama il design e chi lo vuole per altri fini.
Chi compra una copia non ha passione per il design, semplicemente perché il design non consiste nella mera apparenza o nella bellezza di un qualcosa ammirato da lontano.
Mi spiego meglio: un prodotto di design si apprezza ancora di più quando lo si guarda da vicino, quando se ne tocca la superficie, quando se ne scrutano i sorprendenti dettagli. Perché nel design sono proprio questi a fare la differenza: nulla è lasciato al caso e tutto è studiato per raggiungere il massimo livello. Di conseguenza chi ricerca questo standard non viene soddisfatto da una copia.
Ma quindi, se chi compra le copie non nutre passione per il design, allora perché le preferisce a un qualsiasi arredo non di design ma venduto alla stessa bassa fascia di prezzo?
La risposta che mi do è: chi compra una replica tenta di appropriarsi di ciò che il design rappresenta superficialmente. Si sa, in un qualche modo il design indica uno status: grossolanamente si pensa che riempiendosi la casa di arredi di design, si possa far credere ai propri visitatori di essere persone colte, di avere una spiccata sensibilità estetica. 
Lo status che oggigiorno viene attribuito al design, purtroppo è una volgarizzazione del suo vero valore. Con questo mi viene da credere che chi compra una copia non stia appunto apprezzando il prodotto originale, ma al contrario proceda alla sua svalutazione.
I produttori di repliche alimentano così questo processo.

E pensare che si tratta del danno minore. Perché effettivamente ciò che ha detto Tony Ash circa lo smantellamento del settore, mi ha fatto molto riflettere.
Come ho affermato prima, probabilmente è vero che i designer non stiano perdendo guadagni a causa delle copie, ma qui mi rivolgo di nuovo ai consumatori di repliche: come si può pensare di fare spallucce a un principio etico come quello di dare la giusta ricompensa a chi ha lavorato su un progetto? Il punto è che i guadagni dei designer consistono nelle percentuali sulle vendite e questi sono quelli che poi possono finanziare nuove idee e nuovi prodotti di cui ci fa tanto piacere godere.
Allora, ammesso che l'acquisto di una riproduzione non sia spinto da una vera passione per il design, si tratta comunque di entrare in possesso di un prodotto-copia frutto dell'ingegno di un progettista che, per motivi più o meno nobili, tanto ci aggrada. Ed è giusto non ripagare il suo lavoro?

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2 commenti

  1. Scusami, ma tu lavori per Vitra??? Io sono un giovane designer e sono completamente in disaccordo con la tua valutazione, io credo che Catiglioni, Eames e gli altri gloriosi PADRI del design sarebbero contenti che nelle modeste abitazioni di impiegati operai e di tutta la popolazione che vive con mille euro e rotti con il mutuo o l'affitto i conti da pagare e tutte le sfighe della vita, credo proprio che sarebbero contenti che gli oggetti da loro creati fossero nelle loro case e che il BELLO fosse diffuso nella vita e nella quotidianità di più persone possibile, e che le loro creazioni non fossero solamente nelle case di persone ricche che il più delle volte difettano di cultura e gusto, ma si affidano ad architetti ed interior designer per comperare un gusto che non posseggono.
    E poi quanto pensi che incidano le royalities su un prodotto da mille o più euro? una inezia.
    Io auspico che il BELLO si diffonda sempre di più e che sia un tramite per scardinare l'ignoranza e tante brutture della vita quotidiana.
    La CULTURA non si vende e non si compera, deve essere libera di circolare come le idee....

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    Risposte
    1. Ciao Pancho,
      grazie per il tuo commento! Mi fa molto piacere che ci sia discussione su questo tema ;-)

      Sono molto d'accordo con te su tutto il tuo commento: infatti non credo che vada in contrasto con quanto io ho scritto nel post. Io non ho mai affermato che il design debba essere qualcosa per i ricchi: non l'ho mai affermato perché non lo penso.
      A questo proposito io elogio il design danese perché si fonda proprio sul principio che il buon prodotto ("buono" in termini di qualità e bellezza) debba essere per la maggioranza della popolazione.
      Ciò che io contesto è il concetto di copia del design: usare impropriamente il nome di un designer e storpiare l'estetica dei suoi prodotti è proprio il contrario della diffusione della cultura. Facendo così si diffonde una cultura virata: si fa circolare l'idea che gli Eames abbiamo progettato degli arredi con un design che in realtà non corrisponde a quello pensato da loro.
      Inoltre non è propriamente vero che i maestri del design fossero sempre così votati alla diffusione a larghissima scala dei loro prodotti. Molti degli arredi disegnati da Charlotte Perriand sono stati progettati su commissione per delle abitazioni specifiche e non realizzabili industrialmente se non con variazioni importanti. I Castiglioni hanno progettato la lampada Arco dotandola di un bella base in marmo di Carrara e di un design non propriamente economici. E si potrebbero aggiungere tantissimi esempi a questa lista.
      Infatti io ritengo che questo sia anche un principio da smussare. Intendo che nel design ci sia una lacuna: troppi prodotti con alti costi di produzione e pochi prodotti pensati per un prezzo al pubblico più basso.
      La soluzione non è nelle copie del design, ma dovrebbe essere nello sviluppo di prodotti nuovi e originali a costi più contenuti. Questa sarebbe la vera sfida dei designer contemporanei: disegnare arredi nuovi, con un'estetica di alto livello e una buona qualità destinati alla maggioranza della popolazione. In questo senso credo che Hay sia un ottimo esempio di marchio che punta a questo obiettivo.

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